Domenico Iannacone torna a raccontare l’Italia più profonda, quella che spesso sfugge ai riflettori e che vive ai margini, silenziosa ma viva. La nuova puntata della serie Che ci faccio qui, intitolata Ricordati di me, si concentra sul tema della memoria, del ritorno e di ciò che resta quando il tempo passa e sembra portare via tutto.
Questa volta, il giornalista riprende un viaggio già compiuto anni fa, per tornare nei luoghi e tra i volti che hanno segnato una delle sue esperienze più intense. Non si tratta solo di una visita nostalgica: è una ricerca profonda per capire cosa è cambiato, cosa è rimasto immutato e cosa continua a parlarci, anche dopo anni.
Storie che non finiscono mai: l’importanza della memoria emotiva
Ci sono storie che sembrano appartenere al passato, ma che in realtà continuano a vivere dentro di noi. “Ricordati di me” è un invito a non dimenticare, a dare valore alle esperienze, agli incontri, alle persone che hanno inciso profondamente nella nostra visione del mondo.
Iannacone parte da un presupposto semplice ma potentissimo: il passato non è mai davvero finito. E spesso, nella frenesia del presente, avvertiamo un bisogno profondo di tornare indietro, di rivedere luoghi e persone che hanno lasciato un segno. È da qui che nasce il desiderio di ripercorrere quel Sud Italia spesso dimenticato, fatto di periferie, borghi silenziosi, comunità resistenti.
Il viaggio nel Sud: cosa è cambiato, cosa no
In questa nuova tappa, Iannacone torna in alcuni paesi del Mezzogiorno già raccontati in passato. Lo fa con rispetto e con lo sguardo lucido di chi sa cogliere le sfumature del tempo. Alcuni luoghi sembrano congelati, fermi a un passato che si ripete. Altri, invece, hanno subito trasformazioni lente ma visibili.
Attraverso incontri con vecchi protagonisti e nuove testimonianze, il documentarista costruisce un racconto che si muove tra passato e presente, offrendo una visione intima e collettiva insieme. Le parole, le immagini, i silenzi diventano strumenti per leggere i cambiamenti sociali e capire se esiste ancora una speranza di riscatto.
Nostalgia e verità: due chiavi per leggere l’Italia profonda
Il titolo “Ricordati di me” non è solo un’espressione poetica, ma una richiesta forte, che molti dei protagonisti sembrano rivolgere allo spettatore. Ricordarsi di chi ha lottato, di chi è rimasto, di chi ha cercato di cambiare le cose con gesti semplici ma significativi.
C’è una nostalgia potente che attraversa la puntata: non quella sterile e malinconica, ma una nostalgia attiva, che ci spinge a recuperare il senso delle radici, a fare i conti con ciò che eravamo e con ciò che siamo diventati.
La forza del racconto di Iannacone sta proprio qui: nel riuscire a raccontare il reale con profondità, ma senza mai rinunciare all’empatia. Lo sguardo è lucido, ma mai cinico; critico, ma sempre umano.
Il valore del ritorno: una lezione universale
In un mondo che corre veloce, tornare indietro può sembrare un lusso o una perdita di tempo. Ma in realtà, tornare nei luoghi del passato è spesso un atto necessario. Non per rimanerci, ma per capire dove siamo arrivati e cosa abbiamo perso per strada.
Che ci faccio qui si conferma ancora una volta come uno dei programmi più significativi del panorama televisivo italiano. Non solo per la qualità delle inchieste, ma per la capacità di emozionare, di aprire riflessioni autentiche su temi che ci riguardano da vicino: la dignità, l’abbandono, la comunità, il tempo.
Curiosità sul metodo narrativo di Iannacone
Uno degli aspetti che rendono unico il racconto di Domenico Iannacone è il suo approccio non intrusivo. Le storie emergono senza forzature, lasciando spazio ai protagonisti reali, alle loro parole, ai loro silenzi. La telecamera osserva, accompagna, ma non giudica.
Il linguaggio visivo è sobrio e curato, con inquadrature lente che lasciano il tempo di entrare nella profondità dei luoghi. La colonna sonora è delicata, mai invadente, e contribuisce a creare un clima di ascolto intimo.
Anche in questa puntata, si percepisce una scelta narrativa ben precisa: non cercare lo scoop, ma valorizzare la verità del quotidiano, della vita vissuta. Un esempio raro e prezioso di giornalismo narrativo.
guardare “Che ci faccio qui – Ricordati di me”
Chi ama la televisione di qualità, chi cerca contenuti capaci di fare riflettere, troverà in questa puntata una visione indispensabile. “Ricordati di me” è una carezza e uno schiaffo insieme: commuove e scuote, lascia un segno e invita all’azione.
Guardare questo episodio significa fare un viaggio in un’Italia che c’è, ma che spesso non vediamo. Significa rimettere al centro le persone, le storie vere, e riscoprire il valore della memoria condivisa.
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Guardalo con calma: è una puntata da assaporare lentamente, senza fretta.
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Prendi appunti mentali: le frasi dei protagonisti sono spesso illuminanti.
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Rifletti su come i temi trattati si connettano alla tua esperienza personale o territoriale.
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Condividilo con chi apprezza le storie autentiche e vuole vedere la realtà sotto una nuova luce.
Un invito alla consapevolezza
Ricordati di me non è solo un titolo, è un invito. Un promemoria collettivo a non dimenticare chi siamo, da dove veniamo, e che tipo di società vogliamo costruire. In un mondo sempre più individualista, Iannacone ci ricorda che le storie degli altri sono anche le nostre.
E forse, tornando nei luoghi che credevamo dimenticati, possiamo anche ritrovare una parte di noi stessi.